DON ANTONIO

giovedì 14 luglio 2011

OMELIA 04/11/1996

Oggi la Parola di Dio ci parla di Speranza. Abbiamo meditato nella solennità di tutti i Santi e poi nella commemorazione dei fedeli defunti: noi siamo già salvati per grazia, per l’opera compiuta da Gesù con la sua morte e con la sua risurrezione, ma non ancora, non ancora definitivamente, non ancora siamo entrati nell’eternità e  nella visione di Dio così come Egli è. Noi siamo cristiani nell’attesa del compimento del Regno di Dio: regno di giustizia di amore e di pace. Tutta la vita è animata da questo speranza.

Esprimiamo questa speranza  nella Santa Messa dopo la consacrazione quando diciamoo: “annunciamo il Cristo nell’attesa della sua venuta” e poi quando ripetiamo il Padre nostro: “venga Signore il tuo regno”.
Oggi ad una profonda crisi di fede  si aggiunge anche una crisi  della speranza. L’uomo oggi non si attende nulla dal Cielo, dall’Onnipotenza e Provvidenza di Dio, si aspetta tutto dalla scienza, dalla su inventiva, dal progresso.
L’uomo quando ha il pane, il lavoro e la salute  si sente al sicuro e non  attende certo né una Vita eterna né un Paradiso perché crede di averli gia’ qui sulla terra. La preoccupazione per le cose di questo mondo, l’appiattimento degli orizzonti e il lento svanire di ogni ideale ultraterreno, continuano ad allontanarci da Dio e dalle verità eterne. Il richiamo del mondo è molto più forte e molto più suadente  della speranza eterna , l’attrattiva delle cose materiali e sensibili è molto più attraente di una Vita migliore ma futura e  solo dopo la morte.
In questa eucaristia preghiamo il Signore che ci allontani dall’apatia religiosa, dall’indifferenza per le cose dello Spirito, dalla superficialità nel vivere senza senso, senza una meta, sena un fine, senza sapere da dove veniamo, chi siamo, dove siamo diretti , dal quel dubbio che diventando sistematico logora  l’esistenza senza avere mai una Verità certa per la quale vivere, lottare, soffrire e anche morire.
Queste non sono vuote parole, questa è la Sapienza della quale si parla nella prima lettura. La sapienza è un dono di Dio e un frutto della sincera ricerca dell’uomo, è sorgente di vita e di gioia. E’ è questa la sapienza che libera l’uomo dagli affanni, dalla angoscia esistenziale,Sapienza che dona pace e serenità

Questa prima lettura sulla sapienza è una premessa per comprendere la seconda lettura e il vangelo.
Il brano di S.Paolo e i vangelo ci esortano a vivere nella vigilanza, nell’attesa  della vita futura.
“Non vogliamo lasciarvi nell’ignoranza circa quelli che sono morti , perché non continuiate ad affliggervi come gli altri che non hanno speranza”. L’uomo sapiente ha la luce della fede e vede “OLTRE” i confini del tempo, intravvede l’altra sponda della vita, percepisce  quella realtà spirituale  che travalica il tempo e lo spazio e sfocia nell’eternità. Questo è l’uomo saggio, queste sono le  vergini  sapienti delle quali parla il Vangelo.

Dove sta  la saggezza delle  vergini? Non certo nel restare sveglie, infatti tutte dieci, poiché lo sposo tardava, si assopirono e dormirono, ma la saggezza sta nell’avere l’olio di riserva per le lampade. Solo pronte ad accogliere lo sposo, secondo il rituale della processione nel matrimonio ebraico,solo 5 entrano perché hanno la luce e le altre 5 rimaste fuori gridano:”Signore aprici”. Ma egli rispose: “non vi conosco”.
Quando Gesù parla delle fine del mondo o del suo ritorno finale sulla terra mette in guardia, invita tutti alla vigilanza, a cogliere i segni e a interpretarli, invita ad essere saggi, ad avere con sé l’olio della fede , a stare pronti e preparati. E importante avere con se sempre l’olio della fede che alimenta la nostra vita e ci tiene sempre spiritualmente pronti. E’ pericoloso credersi al sicuro, pensare di avere la salvezza garantita.

Vivere nella speranza è vivere da saggi, vivere nella speranza è vivere nella precarietà delle cose, nella provvisorietà del presente:”vegliate perché non sapete né il giorno né l’ora”. Queste parole ci possono incutere timore e paura, quasi dovessimo attendere un giudice cattivo, un inquisitore malvagio,invece dello Sposo, di un Padre, di un Amico, di un Fratello.

Oggi tutto è programmato, si programma il domani e il dopodomani, pensiamo che tutto sia nella nostre mani, programmiamo anche le variabili e i possibili rischi e imprevisti, pensiamo di essere i registi della nostra vita, e la vita che conduciamo, magari monotona e ripetitiva,non ci dispiace alla fine; il progresso e un certo benessere hanno cercato di  farci credere che non esiste vita migliore di questa, perché tutte le altre vite proposte sono solo ipotesi, utopie.
La,parola di Dio di questa domenica ci richiama sul vero senso del vivere: questa è la sapienza cristiana: renderci conto che noi da Dio veniamo e a Lui ritorneremo, ci richiama alla vigilanza, riconoscendo che siamo veri pellegrini e viandanti in questa terra, con il susseguirsi delle stagioni della vita, ecco una parola dell’apocalisse da meditare “sii fedele sino alla morte e ti darò la corona della vita”.

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