DON ANTONIO

giovedì 4 agosto 2011

DOMENICA XXXIII ANNO B TEMPO ORDINARIO

Oggi la Parola di Dio ci parla di speranza tema anche  delle prossime domeniche di novembre, domeniche che  precedono l’Avvento. Abbiamo meditato nella solennità di tutti i Santi e poi nella commemorazione dei fedeli  defunti questa verita’: noi siamo già salvati per grazia, per l’opera compiuta da Gesù con la sua morte e con la sua risurrezione, ma non ancora compiutamente , non ancora definitivamente, non ancora siamo entrati nell’eternità e  nella visione di Dio così come Egli è. Noi siamo cristiani nell’attesa del compimento del regno di Dio: regno di giustizia di amore e di pace e tutta la vita è animata da questo speranza,
una speranza preceduta e accompagnata dalla tribolazione, perché nasca la nuova vita ci deve essere il travaglio del parto, perché iniziano i nuovi cieli la nuova terra deve essere sconfitto l’anticristo, il male, ci deve essere anche  un tempo di angoscia closì come abbiamo sentito  nella prima lettura del profeta Daniele.

Oggi ad una profonda crisi di fede , si aggiunge  in correlazione anche una  crisi  della speranza Alcuni uomini  oggi non si attendono nulla dal cielo, dall’onnipotenza e dalla provvidenza di Dio, si aspetta tutto dalla scienza, dalla personale  inventiva, dal progresso.
Alcuni uomini quando hanno  pane, lavoro e salute  si sentono  al sicuro e non  attendono certo né vita eterna né paradiso perché crede di averli qui sulla terra.
E allora parlare di fine del mondo, parlare di un tempo di angoscia, parlare di un  tempo concesso al maligno e dominato dal demonio, cioè quel tempo apocalittico del quale si parla nella Bibbia, sembrano favole di altri tempi, storielle e fantasticherie per alcuni uomini  oggi , uomini  di scienza, che ritengono quasi onnipotenti, onniscienti, quasi i padroni della storia.

Allora per questi uomini  la preoccupazione quasi esclusiva è per le cose di questo mondo, si verifica un appiattimento degli orizzonti e il lento svanire di ogni ideale ultraterreno, continuano ad allontanarsi da Dio e dalle verità eterne. Il richiamo del mondo per questi uomini  è molto più forte e molto più suadente  della speranza eterna , l’attrattiva delle cose materiali e sensibili è molto più attraente di una vita migliore ma futura e  solo dopo la morte, perché in fondo è questo il dramma, questo il grande interrogativo: arriva veramente lo sposo, arriva veramente il Signore o conviene addormentarsi? Ma per imparare dal fico come dice il vangelo ci vuole la fede, ci vuole lo Spirito Santo di Dio per interpretare i fatti e la storia, ci vuole un discernimento  per comprendere appieno la storia.

In questa eucaristia preghiamo il Signore che ci allontani dall’apatia religiosa, dall’indifferenza per le cose dello spirito, dalla superficialità nel vivere .

Quando Gesù parla delle fine del mondo o del suo ritorno finale sulla terra mette in guardia, invita tutti alla vigilanza per  cogliere i segni dei tempi  e ad interpretarli, invita ad essere saggi, ad avere con sé l’olio della fede , stare pronti e vigilanti. Gesù non  annuncia mai le date né la data della distruzione di Gerusalemme o del Tempio circa 40 anni dopo la sua morte e nemmeno la data della fine del mondo, come non  ci è nota la fine di ogni uomo. Sì il profeta Daniele parla di 70 settimane, l’apocalisse parla di mille anni, però le cifre nella Sacra Scrittura sono solo  indicative perché  la storia del tempo presente quanto più si avvicina alla fine e tanto più si interseca con la metastoria, con l’oltre del tempo  e allora diventa più difficile cogliere i dettagli, come quando camminando su una strada e ad un certo momento si incontra la nebbia.
Gesù ci esorta  :


1.a capire i segni dei tempi, cioè capire per dove sta andando  la storia, a quale punto siamo della strada che avra’ una fine,
2.a essere sempre vigilanti e pronti, essere sempre in grazia di Dio, essere sempre in pace con la coscienza con Dio e il prossimo.

Vivere nella speranza dell’eternita’ è vivere da saggi, vivere nella speranza dell’eternita’ è vivere nella precarietà delle cose, nella provvisorietà del presente:”vegliate perché non sapete né il giorno né l’ora”. Queste parole ci possono incutere timore e paura, quasi dovessimo attendere un giudice cattivo, un inquisitore malvagio,invece dello sposo, di un Padre, di un amico, di un fratello.

Oggi tutto è programmato, si programma il domani e il dopodomani, pensiamo che tutto sia nella nostre mani, programmiamo anche le variabili e i possibili rischi e imprevisti,pensiamo di essere i registi della nostra vita, e la vita che conduciamo, magari monotona e ripetitiva,non ci dispiace alla fine; il progresso e un certo benessere hanno cercato di  farci credere che non esiste una vita migliore .

La parola di Dio di questa domenica ci richiama al  vero senso del vivere: questa è la sapienza cristiana: renderci conto che noi da Dio veniamo e a Lui ritorneremo, ci richiama alla vigilanza, riconoscendo che siamo veri pellegrini e viandanti in questa terra, con il susseguirsi delle stagioni della vita, ecco una parola dell’apocalisse da meditare “sii fedele sino alla morte e ti darò la corona della vita”.

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