DON ANTONIO

giovedì 4 agosto 2011

OMELIA DOMENICA V ANNO B TEMPO ORDINARIO

Incominciamo questa omelia con una importante affermazione per noi cristiani, un messaggio di speranza: il cristiano vive la sua vita nella fede e nella speranza che Gesù è il Cristo è il Messia, il Salvatore, è Dio venuto fra noi perché in lui noi possiamo trovare una risposta completa ed esauriente a tutti i nostri dubbi, problemi  e interrogativi. In Gesù che è Via Verità e Vita trovano senso le croci e le sofferenze dell’uomo, trovano una risposta  gli interrogativi inquietanti per ogni uomo, interrogativi talvolta logoranti e angosciosi per le persone che vivono la religione, seguono le pratiche di pietà ma senza una fede convinta e convincente.
Gesù che si alza di mattino quando ancora era buio e si reca in un luogo deserto a pregare ci rivela il segreto della sua attività e della sua missione:il segreto e la missione si fondano nella preghiera che è colloquio con il Padre, che è abbandono fiducioso nella volonta’ del Padre  e nel Padre  trova forza e aiuto per compiere fino in fondo la   sua volontà.

Nella prima lettura abbiamo ascoltato la confessione di Giobbe. Giobbe si interroga, è angosciato perché non comprende per quale motivo sia stato colpito dalla sofferenza e da una grave malattia dal momento che ha coscienza di non aver peccato. Giobbe era un uomo giusto e timorato di Dio, un uomo buono e osservante scrupoloso della legge,
saggio educatore dei figli e sempre pronto alla carità. Giobbe assiste in un sol giorno alla perdita di tutti suoi averi, di tutti i suoi possedimenti  ed anche alla morte di tutti i suoi figli e figlie e, se poi non bastasse, viene lui stesso colpito da una terribile e contagiosa malattia e quindi rifiutato anche dalla moglie .

Giobbe è provato  con una grande croce: provato con la privazione dei figli , con la privazione dell’affetto della consorte e con la privazione della salute. Ma Giobbe non si allontana da Dio e continua ad aver fiducia in Lui, sicuro della sua bonta’, della paternità e della fedeltà di Dio. Proprio in questa situazione di umana disperazione Giobbe grida al Signore tutta la sua fede: “se da Dio accettiamo il bene,perché non accettare anche la prova,la sofferenza e il dolore?”Giobbe resta per tutti un esempio e un modello di fede ,un segno di speranza che oltrepassa anche la più grande contraddizione di bene e male, il male,la malattia,la sofferenza e il dolore nella persona giusta.

IL brano del vangelo di oggi ci  descrive una giornata di Gesù nella sua missione di predicatore itinerante. Gesù è insieme con la sua comunità: gli apostoli, guarisce la suocera di Pietro che subito si mette a suo servizio subito  e probabilmente per tutta la vita, cura i malati, predica il vangelo, libera gli indemoniati .
La prima giornata messianica di Gesù si conclude con una preghiera in solitudine. La  giornata inizia al mattino molto presto con la preghiera in solitudine nel deserto.  Gesù incontra nella preghiera il Padre, la cui volontà vuole compiere ogni giorno, d’altra parte la preghiera in solitudine è la forza per resistere al male, alla tentazione del prestigio e della popolarità: tutti ti cercano.

Dalle letture di questa domenica ecco due insegnamenti:
1. La preghiera di Gesù  
2.la fede di Giobbe
La preghiera:tutti dobbiamo convincerci che la preghiera precede e sostiene  l’attività, che l’attività senza la preghiera è infruttuosa, anzi....dobbiamo convincerci che come Gesù il Maestro anche noi dobbiamo fermarci e pregare se vogliamo resistere al  male, se vogliamo produrre frutti di bene. Purtroppo oggi è di moda l’attivismo, l’attività frenetica, quasi che nel campo del regno di Dio fosse valida la legge di mercato: più lavori più ottieni. Vero è il suo contrario. “Se il Signore non costruisce la casa invano faticano i costruttori”.
Oggi possiamo constatare , assistere, vedere  e toccare con mano che  un certo esagerato darsi da fare nelle cose pratiche e una connessa negligenza nella preghiera hanno portato meno e meno fede. Dicono i sociologi della religione che nei prossimi anni assisteremo ad un aumento della religione ( come pratiche di pieta’) e ad un  ulteriore calo di fede.

La  fede di Giobbe: molti uomini  oggi sono scandalizzati di fronte al problema della sofferenza dell’uomo, in particolar modo dell’uomo giusto e buono. Allora vanno ripetendo:come è possibile  che Dio che è per definizione  buono, Padre di bontà, Origine della vita e dell’amore, che vuole il bene di tutte le sue creature permetta la sofferenza di tanta gente, di milioni di persone, di bambini innocenti , perché lascia che certe malattie colpiscano anche persone  innocenti, perché tante croci in tante famiglie, tanto dolore e morte?
Questa constatazione contrasta con il desiderio scritto nel cuore di ogni uomo, per cui si tende naturalmente alla salute, allo star bene, alla gioia, alla felicità. D’altra parte le disgrazie, le sofferenze , le malattie non sono un castigo di Dio: è un peccato solo pensarlo...infatti la storia di Giobbe ci fa capire che la sua malattia è una prova, alla cui origine c’è solo , solo la malvagità del diavolo, mentre il Signore solo permette e permette la prova fino ad un certo punto e per un certo tempo.

Questo è un  punto cruciale e della nostra fede, qui verifichiamo la qualità della nostra speranza.
La figura di Giobbe è immagine di Gesù e di ogni innocente che innocentemente soffre, è immagine di Gesù che accetta la croce per dare un senso alle nostre croci,alle nostre sofferenze e malattie, Gesù  che ha accettato la morte per dare con la sua Pasqua di Risurrezione un senso alla morte ingiusta e incomprensibile umanamente di tanti innocenti, di tanti martiri, di tante vittime che ,secondo la nostra logica umana,non potendo gustare le gioie di questo mondo, sarebbero degli sfortunati, dei condannati dal destino, dei falliti  e senza possibilità di ricorso.
Ma quello che sostiene noi cristiani è la speranza di una Vita che non ha fine senza lacrime né dolori, come leggiamo nell’Apocalisse 21,4E asciugherà ogni lacrima dai loro occhie non vi sarà più la morte
lutto né lamento né affanno,
perché le cose di prima sono passate”.

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