DON ANTONIO

domenica 18 settembre 2011

1.IL MALE.saggio teologico del cardinale Charles Journet Professore al Seminario Maggiore di Priburgo.

In questo saggio il mistero del male è considerato dal punto di vista
teologico. Vi è forse un problema più pressante e che si presenti più
inevitabilmente ai credenti? Ci si potrebbe davvero stupire che i manuali di
teologia non comportino alcun trattato sul male. Potremmo rispondere che, il
male essendo presente ovunque, è nominato in tutti i trattati: nel trattato di
Dio che lo permette, in quello della creazione in cui ha così larga parte, in
quello degli angeli, dell'uomo, degli atti umani, della legge, della grazia,
dell'incarnazione redentrice, della Chiesa, del fini ultimi.

E’ esatto; ma si potrebbe anche dire che ciascuno del trattati di teologia è
implicito in tutti gli altri, senza che questo fatto ci dispensi dal considerarlo a
parte. La stessa cosa si può dire del male. Ogni trattato lo considera sotto un
aspetto particolare, ma esso può essere preso in considerazione in se stesso.
In questo caso si toccano i punti fondamentali: la sua natura, la sua origine,
le sue forme. C'è un piccolo trattato intorno al male nel III Contra Gentiles di
san Tommaso, un altro è inserito nel trattato della creazione della Somma
teologica. Il male in generale è affrontato nella discussa questione De malo
(fra il 1269 ed il 1272). Perché non seguire quell'esempio oggi, proprio
quando il problema del male si pone con un'insistenza sempre più assillante?
Non invaderemo il campo del diversi trattati teologici. Lasciando da parte ciò
che spetta alle scienze particolari come la biologia, la psicologia, ecc.,
tratteremo del male in generale, sotto il suo aspetto teologico e filosofico.

Una volta posto il problema del male (cap. I), parleremo della sua natura
(cap. II), poi delle sue forme (cap. III). Successivamente si presenterà la
questione centrale del suoi rapporti con un Dio onnipotente ed infinitamente
buono (cap. IV); seguirà la considerazione delle diverse forme del male:
male della natura (cap. V); male del peccato, in cui la verità centrale da
ristabilire (I) è quella che ogni creatura libera è per natura soggetta al peccato
(cap. VI); male delle pene dell'inferno e del purgatorio (cap. VII), e delle
pene della vita presente (cap. VIII). Dopo una rapida digressione sul male
nella storia (cap. IX), ritorneremo al punto di partenza per decidere come
giudicare il male (cap. X).

Una delle conseguenze dell'acquisto di una maggiore coscienza da parte della
nostra età moderna, è quella di rivolgere gli sguardi sul mistero del male e di


costringere i cristiani a ritornare alle risposte tradizionali per approfondirle e
svilupparle. E’ stato osservato: “Il Medioevo ha tenuto lo sguardo fisso sui
punti luminosi che sant’Agostino gli indicava nel mistero della grazia e della
libertà, e che concernevano le profondità divine di tale mistero. Per quanto
riguarda le vaste regioni d'ombra che rimanevano e che riguardano le
profondità create ed umane di quel mistero - in particolare tutto ciò che ha
un rapporto col fatto che Dio permette l'atto cattivo - e con la trasmissione
del male attraverso alla creatura e così pure con il significato ed il valore
intrinseco (intendo dire nell’ordine filosofico e teologico stesso) dell'attività
temporale e "profana" dell'essere umano, il Medioevo ha posto con energia,
sulla soglia di tali regioni, i principi della soluzione; però si è addentrato
poco nelle loro oscurità e nei loro problemi, ha lasciato molto terreno da
dissodare, tutta una problematica in esplorata” (2). L'autore di queste righe
ha fatto del problema del male una preoccupazione costante della sua ricerca
filosofica. Ci scusiamo presso di lui per averlo citato continuamente;
abbiamo la convinzione che la sua opera ricca e coerente, tradizionale ed
innovatrice, contenga la più penetrante dottrina del male scritta ai giorni
nostri nella prospettiva cristiana.

Per sviluppare la dottrina del male che ci è rivelata nella Sacra Scrittura,
soprattutto nel Nuovo Testamento, le nostre guide principali sono state
sant'Agostino e san Tommaso d'Aquino, i maestri amati come il primo
giorno, del quali speriamo di non avere tradito le grandi intuizioni
contemplative. Il proposito del teologo che tratta di un mistero è quello di
evitare le formule minimizzanti che di esso si potrebbero trovare. Il suo
timore è di restare a sua volta prigioniero di una formula troppo povera, priva
di trasparenza, che arrischi di porre un ostacolo e di impedire allo spirito del
lettore di trascendere all'adorazione silenziosa delle profondità divine.
Questo timore non ci ha abbandonato neppure un attimo.
Quando ci accingiamo a toccare il mistero del male, ci sentiamo invasi da
una certa perplessità. Eppure lo portiamo in noi segretamente, sotto la
forma di una domanda, talvolta di una tortura. Ma quando bisogna
parlarne, chi si sente abbastanza preparato? Si desidererebbe una
dilazione, poiché sappiamo che la minima purificazione del nostro sguardo
e del nostro cuore - una purificazione che speriamo sempre si verifichi il
giorno successivo - farà apparire misero ed insufficiente ciò che avremo
detto. E' dunque necessario rimandare sempre? O non è forse piuttosto
meglio tentare, anche in modo imperfetto, di richiamare alla mente
qualche via di avvicinamento, per mezzo della quale l'anima possa trovare
una strada onde penetrare nel problema in profondità?
I. LE RAGIONI D'UNA ESITAZIONE



Dirò subito, per evitare una prima serie di malintesi, che il problema del
male è difficile, illimitato e, per di più, pericoloso.



a) Problema difficile.

Sì, il problema del male è difficile ma, intendiamoci, questo non significa
che non abbia una soluzione, o che la soluzione sia confusa od incerta.
Significa piuttosto che la risposta non ci si rivela se non quando siamo
arrivati ad un certo punto dove tutto si illumina. Perché mai si sente
sempre dire che le obiezioni si colgono più facilmente delle risposte? Lo
spirito sarebbe dunque fatto più per la disgregazione e per il caos che per
la sintesi e la verità? Esiste senza dubbio, per ogni argomento importante,
un modo fiacco ed errato di affrontarlo, una prospettiva che parte dal
basso, in cui tutto si riduce ad obiezioni e dove nessuna soluzione è
possibile. Ma esiste anche un altro modo, una prospettiva dall'alto, per cui
tutto incomincia spontaneamente a coordinarsi, ed è quindi la verità della
risposta e la vacuità delle obiezioni che si presentano per prima cosa (1).
La reale difficoltà, la sola - e può essere grande - sta nel far passare se
stessi dal primo piano di visione al secondo, e di condurvi gli altri. Che
cosa possiamo rispondere infine a chi rimprovera a Dio di trattare le Sue
creature come un onesto padre di famiglia non tratta i suoi figli, se non che
Dio non è un padre di famiglia e che le Sue provvidenze sono


imperscrutabili? Dopo che Dostojevskij ci avrà reso intollerabile lo
spettacolo del male, ed avrà portato fino al parossismo lo scandalo da esso
provocato in colui che vuole credere in Dio, lascerà intravedere che esiste,
nel cuore di alcuni uomini, una visione del mondo più penetrante, in, cui la
prospettiva è rovesciata, in cui ogni scandalo si placa, e la sua inquietudine
sarà quella di sapere se è riuscito a convincere di ciò i suoi lettori (2).



b) Problema illimitato.

Il problema del male è immenso e, in un certo senso, illimitato. Il male si
estende agli angeli, all'uomo, alle nature materiali, a tutta la creazione.

Vi è un punto ben definito nel quale l'esistenza del male sembra essere
direttamente in opposizione con il messaggio cristiano. Come conciliarlo
con il dogma della causalità divina? Dio ha creato ogni cosa, è autore di
tutte le nature. Il male è forse una cosa? Possiede una natura? Dio avrebbe
dunque creato delle cose, delle nature cattive? Per esempio le nature
materiali in cui si assommano lotte e distruzioni? Sarebbe Egli autore del
male? Oppure occorre rinunziare al dogma dell'universale causalità divina,
ed immaginare, ad esempio, due primi principi antagonisti, uno buono,
autore di tutti i beni, l'altro cattivo, autore di tutti i mali? Sono questi i
problemi che preoccupano fin dal principio la predicazione cristiana. Essa
riconoscerà senza esitazione l'onnipotenza e la bontà infinita di Dio. Non
negherà l'influenza immensa del male nell'universo e nella storia e si
studierà di precisarne la natura. Essa sa che può sembrare che Dio dorma
quando la burrasca assale le Sue creature, ma che invece è al corrente di
tutto, e che, nel momento supremo, si risveglierà come Gesù nella barca.
D'altra parte dobbiamo subito osservare che la coesistenza del male e di un
Dio onnipotente ed infinitamente buono, presenta un problema e che
questo problema comporta una soluzione e non sprofonda lo spirito nel
caos; non si deve credere che, rifiutando il messaggio cristiano per
riportare ci agli dèi impotenti del paganesimo, oppure al conflitto di due
principi rivali, uno buono, l'altro cattivo o, peggio ancora, all'ateismo, si
diminuisca lo scandalo del male; non si sopprime il problema, lo si rende
semplicemente insolubile, e si precipita lo spirito nella contraddizione e
nell'assurdo.

Quando i teologi medievali tratteranno direttamente del male, si
sforzeranno di chiarire sempre gli stessi argomenti. Il male è una cosa, una
natura? Può essere creato da Dio? Se Dio non lo crea perché, per lo meno,
lo permette? Permetterlo significa volerlo? Non potrebbe impedirlo,


essendo Egli onnipotente ed infinitamente buono? Esisterebbe dunque per
Lui qualcosa che Gli resiste, ci sarebbe dunque, di fronte al bene assoluto,
un male assoluto, causa di tutti i mali (3)?

Tuttavia, per quanto questi chiarimenti siano necessari, non saranno
sufficienti per calmare l'anima tormentata dal problema del male. La
risposta totale è nel cristianesimo tutt'intero, accettato, penetrato, vissuto
senza riserva. Esso inizia con un messaggio di gioia: “Vi erano in quella
stessa regione del pastori che vegliavano e custodivano nella notte i loro
greggi. Ed mi angelo del Signore apparve presso di loro ed essi furono
colti da un grande timore. E l'angelo disse loro: "Non temete; ecco che io
vi annunzio una grande gioia destinata a tutto il popolo"” (Lc., II, 8-10). Il
Cristianesimo è abbastanza ricco per dare, in sovrappiù, una risposta allo
spettacolo della tragedia de mondo. Esso insegna che Dio è un Dio di
amore; che la creazione dell'universo è l'effetto di una libera effusione di
quell'amore; che la condizione iniziale dell'uomo era privilegiata; che la
caduta è seguita da una situazione dolorosa, è vero, ma nella quale Dio
continua ad amarci al punto da inviarci il Suo unico Figlio
nell'Incarnazione e nella Redenzione; che lo Spirito Santo diffonde sugli
uomini che non le respingono le ricchezze del Cristo, chiamandoli tutti, da
vicino e da lontano, a costituire nel tempo un regno che non è di questo
mondo; che questo regno e l'universo stesso procedono verso
un'inimmaginabile trasformazione alla quale le creature libere sono
invitate in anticipo ad acconsentire, ma alla quale esse possono anche in
anticipo, per un mistero terribile, sottrarsi. Non c'è passo del messaggio
cristiano che non sia, da un certo punto di vista, una risposta al problema
del male; ed è questo che rende tale risposta immensa, illimitata.


http://www.ministridimisericordia.org/Ilproblemadelmaleedeldolore/tabid/550/Default.aspx




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