DON ANTONIO

venerdì 2 settembre 2011

OMELIA DOMENICA XVII ANNO A

Oggi la parola di Dio ci porta a riflettere su due verbi fondamentali nella nostra vita cristiana: il preferire e il lasciare . Dobbiamo riflettere sulla necessità di anteporre Gesù a tutte le ricchezze e a tutti gli affetti umani.
Essere cristiano significa preferire Cristo Gesù a tutti e a tutto, significa porre la persona di Gesù al primo posto nella nostra vita, significa abbandonarsi completamente a Lui perchè solo Gesù ha parole di vita eterna:” io sono la via , la verità, la vita”. E’ aver trovato la perla di grande valore della quale parla il Vangelo. È avere incontrato il Cristo.

Perché dobbiamo preferire Gesù anche alle cose e agli affetti più cari?
La risposte non sono di per se risposte evidenti e neppure dimostrabili e verificabili, ma la risposta è soltanto una risposta di fede ,soltanto con una fede autentica, profonda possiamo accogliere l’incomprensibilità,il mistero di Dio, possiamo accettare nostra la finitudine temporale e la trascendenza di un Dio infinito ed eterno, possiamo pregare un Dio che in Gesù muore sulla croce, possiamo chiamare buona notizia e vangelo le parole di Gesù che , Uomo-Dio ci appaiono alcune verità assurde e lontane da ogni cosidetto “ buon senso”.
Ma quando trovi la perla di grande valore sei disponibile a lasciare tutto il resto, perché tutto il resto passa e non ha l’eternità di Dio.

Quando incontri veramente Cristo a tu per tu, quando fai esperienza personale del Signore sei pronto anche a ritornare a Gerusalemme come i 2 discepoli di Emmaus,nonostante l’ora e il viaggio.
Questa si chiama fede, questa è la fede è Abramo, perché Abramo contro ogni evidenza e contro ogni ipotesi umana segue la voce di Dio, la fede è sua moglie Sara, che sebbene fuori dell’età di partorire ritenne fedele colui che glielo aveva promesso un figlio. Esempio di fede autentica è l’episodio di Abramo che sta per sacrificare il suo unico figlio, il figlio della promessa Isacco.

In tutti i personaggii della bibbia noi ritroviamo una fede che non è solo una parola, che non è solo un sentimento o un emozione , ma una fede che si traduce in fatti concreti, una fede che diventa vita, anzi l’esistenza stessa si identifica con la fede.

E allora per questi giusti da Abramo, a Giobbe , Geremia la fede è una virtù,è un dono di Dio, così radicato nel cuore che diventa un tutt’uno con la vita. A questo punto possiamo dire che per gli uomini giusti dell’A.T., per patriarchi, per i profeti, il preferire Dio agli uomini era un fatto scontato, anche se avevano momenti di incertezza e di dubbio.

Ma Il Vangelo se da una parte ci presenta la fede come un dono di Dio , un dono prezioso e nascosto, dall’altra per avere tale dono bisogna vendere, lasciare le barche e il padre, vendere quello che si ha .
Noi però siamo ancora invischiati nelle cose e forse neppure desideriamo incontrare questa perla, e le nostre preghiere sono ripiene di domande ben diverse da quella preghiera di domanda di Salomone che chiede il dono della sapienza. E allora può spegnersi la
la vitalità della fede. Quanti hanno incontrato Gesù o fatto esperienza di una preghiera interiore o stanno cercando l’unico e vero bene ?
Talvolta ci troviamo con tanti interrogativi nel cuore, e non osiamo più sperare nella confidenza con Dio che si trova nella preghiera.

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