DON ANTONIO

domenica 15 gennaio 2012

Nella croce di Cristo la nostra salvezza di don Roberto Rossi

La liturgia della domenica delle palme ha il volto della gioia e quello della passione, quello della fede e quello dell'incredulità, quello della gloria e quello della croce. Infatti la liturgia ricorda l'ingresso trionfale di Gesù in Gerusalemme, accolto e osannato come il Messia; ma nello stesso tempo vuole offrire a tutti i partecipanti l'esperienza dell'amore infinito di Dio che ha dato tutto se stesso per noi nella sua passione e morte.

"Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore".

"Quando giunsero al luogo detto Cranio, là crocifissero lui e i due malfattori, uno a destra e l'altro a sinistra. e levato un forte grido, spirò".

La croce ci rivela il vero volto di Dio.
Attraverso la passione e morte del Cristo, noi vediamo un Dio in balia degli uomini, inerme, indifeso, «consegnato» alla malvagità, sballottato qua e là, trascinato come un malfattore dinanzi ai tribunali, usato come trastullo, bersaglio degli scherni.
Si lascia fare senza opporre resistenza.
Ora, sappiamo che il Cristo è l'immagine perfetta, visibile, del Dio invisibile
L'onnipotenza si annienta liberamente, rinuncia ad ogni volontà di potenza.
Questo è un Dio che tutti possono colpire.

Ma la croce rivela anche il cristiano.
Inutile cercare altrove che sul Calvario l'identità del cristiano. La sequela svuotata della croce non è più sequela ma parata. Il cristianesimo senza sacrificio si riduce a chiacchiera inconcludente.
Il cristiano lo si deve poter riconoscere come uno che porta la croce insieme al Cristo.
È la croce la sua divisa, il suo segno distintivo.
La croce, ossia l'altra faccia dell'amore.
La croce, certo, è fatta di sofferenza, di solitudine, di incomprensione, abbandono, ingratitudine, umiliazione, rifiuto, ma è fatta soprattutto di amore. Non basta soffrire per poter affermare che si porta la croce del Cristo. Occorre portare la croce nella direzione in cui Lui l'ha portata, soffrire nella stessa linea di dono e di pienezza.
La croce del cristiano, come quella del Maestro, non svela soltanto la sua identità, ma spiega il significato della sua vita.
Non quindi la croce per se stessa, il dolore per il dolore. Ma la croce come segno rivelatore di una vita data, offerta, spesa per gli altri. È il «per» che qualifica la croce come cristiana.

Non basta portare la croce. Bisogna che la croce esprima solidarietà, volontà di non appartenersi, capacità di perdere la propria vita a vantaggio degli altri.
Paradossalmente, è soltanto curvandosi sotto il peso schiacciante della croce che il cristiano si rialza e diventa l'uomo aperto a tutti.

La risurrezione rappresenta il superamento della croce. Ma è superamento soltanto per chi è passato e passa continuamente attraverso il Calvario.
È il Crocifisso che è risorto! Questo l'autentico e completo messaggio pasquale.
Alla gloria ci si arriva attraverso la passione. Non è consentito scavalcare il passaggio obbligato della croce.
L'unico segno che distingua radicalmente il cristianesimo e il suo Signore dalle altre religioni e dai loro dèi, è la croce. Definendo il vangelo come parola della croce e dichiarando di non voler sapere né testimoniare che Cristo crocifisso, S. Paolo afferma che la croce resta al centro anche della sua dottrina della resurrezione...
La croce di Gesù non è svanita sulla terra. Non è più solo lui che la porta, ma siamo anche noi. La croce di Gesù continua a restare eretta sulla terra come segno della verità divina e dello scandalo che essa costituisce per il mondo. Solo il Dio della croce è il nostro Dio. "Ed Egli non è mai il Dio che il mondo può accettare senza essersi convertito" dice uno scrittore. Non è possibile opporre una teologia della croce a una teologia della gloria. Devono coesistere insieme.

La risurrezione non può oscurare il messaggio della croce o ridurne l'importanza. La croce non è semplicemente l'ombra della risurrezione. Anche la croce è luminosa.
Alla gloria di Cristo si partecipa, fin da questa terra, portando la croce dietro di lui.
Il cristiano è portatore dello Spirito. Ma è, contemporaneamente, portatore, nel proprio corpo, delle sofferenze del suo Signore.
La luce nasce dalle piaghe. Soltanto i segni dei chiodi diventano luminosi.
In pratica, anche il cristiano è un crocifisso risorto. Il suo cammino, quaggiù, è un cammino verso la croce e nello stesso tempo verso la risurrezione.
Non riuscire ad aiutare il mondo e a portarlo alla salvezza senza la croce.
Possiamo aiutarlo soltanto nella maniera adottata dal Cristo. Eliminando la croce dal vocabolario, si potrebbe avere l'illusione che il linguaggio cristiano diventi più comprensibile, alla portata di tutti.
Può anche diventare un linguaggio più facile, ma non è più il messaggio proclamato dal Cristo.

La croce fa la diversità del cristiano. Il cristiano porta la croce, assume le croci del mondo, unito a Cristo e con Lui collabora alla salvezza del mondo. La croce è segno di quell'amore infinito di Dio che si esprimerà poi nella potenza della risurrezione, della vita nuova, della grazia piena offerta a tutti gli uomini.

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